Associazione DREAMTIME

La Maledizione della Georgia

Mentre decidevo come riempire il mio zaino verde, compagno ormai di tante avventure, un dubbio è sorto nella mia mente: mi chiedevo quanto spazio in realtà avrei dovuto lasciare per il grande tesoro che avrei portato poi, a casa con me… un tesoro che ancora non conoscevo e di cui non immaginavo le sembianze. E così feci, lasciai l’ultima parte libera, chiusi tutto, passaporto e biglietto ed eccomi su un volo per Tbilisi, Georgia. 

In realtà non è stato poi così semplice, miei cari amici… ho dovuto prendere un bus per Bologna dalla mia amata Puglia e da Bologna passare qualche ora nell’aeroporto di Istanbul fino ad arrivare alla mia meta, in un’umida nottata di Febbraio, dove un tassista intento ad approfittare del grande divario tra l’euro ed i loro Lari Georgiani (1€/3 Lari), mi ha guidata scorrendo dolcemente attraverso quelle montagne e poi in quella città sorretta quasi da una maledizione che portava ad un imperdibile silenzio sorvegliato, dall’alto della montagna, dalla Madre della Georgia che, secondo la leggenda, accoglie la persona, dagli occhi nuovi, con del vino se ritenuto buon intenzionato, ed in caso contrario, pugnalato con la spada tenuta nella sua mano destra, in caso ritenuto nemico.

Le mie intenzioni erano pure, mia cara Madre, non solo perché sono amante del vino, ma anche perché nei miei di occhi puoi trovare tanta sete di scoprire, tanta fame di curiosità e tanta stanchezza per il lungo viaggio che lentamente ha azzittito la mia forza di pensare ed improvvisamente vedermi diventare un tutt’uno con la maledizione che racchiudeva quella città.

Con il sapore del sole sulle mie labbra, mi sono svegliata nell’Hotel Beaumonde situato sulla parte della montagna che bacia Rustaveli street… una salita da togliere il fiato, così come la meravigliosa vista dal sesto piano dello stesso.

La città, mostratasi ai miei occhi come un enorme bradipo, svaniva totalmente dando spazio ad una creatura tutta nuova ricca di energia e tra le strade una nuova maledizione prendeva velocemente forma.

Artisti di strada in cerca di attenzioni e cani che le attirano tutte col loro fare tranquillo e rilassato, nonne ipnotizzanti per la loro dolcezza che vendono churtschchela (tipiche caramelle a forma di una stalattite un pò ballerina fatte di gelatina di succo d’uva e noci, collegate internamente da uno spago che decisamente non ne facilita il morso), calzini, libri in russo e singole sigarette per pochi spiccioli…

Per essere febbraio faceva molto caldo, il che mi faceva pensare al nome della città, derivante da “tpili” che significa appunto “caldo” in antico georgiano. Ma esso deriva dalle sorgenti d’acqua calda situate all’interno del territorio e che pochi Lari ti danno la possibilità di provare le terme della Old Town con scrub annesso direttamente dalle mani di una signora georgiana non del tutto delicata e nonostante l’odore particolare a primo impatto, vi assicuro che i benefici che la pelle riscontra sono davvero curativi e purificanti… tralasciando però la poca igiene del posto.

Ma adesso ammettiamolo, a chi non viene fame subito dopo 1 ora e mezza di sauna e terme? 

Allora siete nel posto giusti ragazzi, perché qui in Georgia non vi sentirete mai affamati del tutto! 

La tavola si riempie di colori partendo da un antipasto fatto sostanzialmente di spinaci, insalate e rotoli di melanzane ripieni di hummus, ma si fa presto a dare spazio al grande Adjarian Khachapuri o al normale Khachapuri con le sembianze di una pizza ripiena di formaggio… quello che distingue le due è la sua forma, poiché il primo ci ricorda vagamente una barca ripiena anch’essa di formaggio (PS in Georgia il formaggio lo trovate ovunque) e al centro un tuorlo d’uovo che sta a significare il riflesso del sole una volta che il tramonto abbraccia il mare.

Ed ancora, i famosissimi Khinkali! Ravioli molto in forma, ripieni di carne, funghi o formaggio (anche qui). Ma cosa più importante è sapere il modo in cui vanno mangiati! Non è uno scherzo, bisogna avere esperienza, tirare fuori le mani, mordere un lato della grande vittima e succhiarne il succo, per poi finirlo completamente, proprio come se foste dei vampiri (opzionale la scelta nel lasciarne la testa oppure non risparmiarla..è anche vero che se la mangi, nessuno verrà mai a conoscenza del numero dei khinkali che hai divorato.)

Col passare dei minuti sentirete il peso delle pietanze che avete appena assaporato (anche la bilancia lo farà) e qualcosa vi sussurrerà la parola magica che inizia per V e finisce con INO. Ascolterete quella voce, ordinerete un rosso e vi farete guidare da questa bellissima esperienza all’interno della vostra bocca per poi concludere il pranzo con una chacha, la loro vodka tipica… e vi assicuro che apprezzerete ogni singolo calore che questa città ha da offrire, soprattutto se con la funicolare toccherete il suo punto più alto ed accanto alla grande Madre, ammirerete le luci della città danzare per voi fino a quando la maledizione notturna prenderà nuovamente vita…

Così ho chiuso lentamente i miei occhi ed ho rivisto i mille sorrisi della gente abbracciati dalla loro splendente ospitalità… ho rivisto anche la povertà per le strade, certo, respirare nell’aria la tensione con l’Abkhazia, e soprattutto gli occhi di quella protettrice che  dall’alto della montagna mi ha dato la possibilità di vivere un posto magico, conoscerlo ed apprezzarlo così come dovrebbe essere apprezzato.

 

Alle 5 del mattino e quindi all’ultimo minuto come sempre, mi ritrovai in camera a preparare nuovamente lo zaino per la prossima destinazione, dove non potei fare a meno di notare che lo stesso pesava un po’ di più.

Nel frattempo, pensavo a cosa avrei dovuto dire una volta aver raggiunto le porte del check-in e quale faccia convincente avrei dovuto tirare fuori alla ragazza che pesa i bagagli… ma tutto ciò è stato subito sostituito da tanta soddisfazione mista ad un calore interno.

Era lui, il tesoro di cui vi parlavo.

Adesso so che presenta le sembianze di montagne popolate da stalattiti ballerine come secondo piano , e sorrisi da pochi ma splendenti denti, invece, come primo,

E proprio quel sole che ogni mattina mi svegliava dolcemente sussurrandomi “dila mshvidobisa“, mi face finalmente capire che non avevo in realtà bisogno di conoscere il loro complicatissimo alfabeto per comprendere cosa quelle persone e quel posto volessero davvero trasmettermi.

Eccovi spiegata così la maledizione della Georgia che mi ha seguita poi nella mia seconda tappa: Istanbul, dove gli stereotipi sono stati analizzati e subito spezzati… 

Ma quella, in fondo, è un’altra storia… 

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Svetochka

Svetochka

Ed in quel buio, quasi per caso, trovai una piccola luce, ed in quella piccola luce il riflesso di me stessa.

Non so bene come sia nata l’idea di Svetochka di iniziare a scrivere e raccontare.
Quel che ricordo per certo è il fatto che stava sempre lontana dai giornali e dalla tv…sapeva quanto pericolosi fossero, sin da piccola!
Erano capaci di rattristirti o di farti provare odio e disprezzo nel giro di un solo minuto.

Lei aveva pensato bene di scappare via in cerca della verità e della semplicità che pian piano stava svanendo…ma scappare non è mai stata una vera soluzione, se non un infinito rimandare.

Decise così di raccontare quello che stava raccogliendo da quel viaggio: Culture, Tradizioni, Benessere, Consigli, Posti sconosciuti ma mozzafiato, Stili di vita, ma soprattutto racconta di Lei… della Natura, scritta con la enne maiuscola, perché è così che va fatto.

C’è sempre del verde nei suoi racconti, dove la parola magica è: semplicità.
Perché Svetochka lo sa, la verità risiede solo nelle cose semplici.

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