Associazione DREAMTIME

Perchè Istanbul non è sicura per una donna

e per continuare dalla Georgia mi fermerò ad Istanbul per qualche giorno“. 

Sola?!”

Sì’, certo. Come sempre… perché?”

No… è solo che… Istanbul! E’ troppo pericolosa ed una ragazza non può trovarsi sola in quel posto! Non dovresti sottovalutare la situazione“.
 
E’ iniziato tutto più o meno così. Non so dirti quante volte ho sentito e risentito pronunciare le stesse parole ed avvertimenti… che, se devo essere sincera, hanno portato in me tanto timore che prima non avevo.
Ma cosa ci spinge a credere che ci siano posti in cui una ragazza non può essere sola, senza neanche aver mai avuto testimonianze reali di quel determinato luogo?!
 
Così, per curiosità, ho proseguito appoggiando la mia scelta.
Da qualche mese ho iniziato ad usare CouchSurfing e seguendo il consiglio di non preferire di scrivere messaggi pubblici piuttosto che privati, in modo che sia più semplice ricevere una risposta, ho deciso di provarci anche in questo viaggio.

Il giorno seguente avevo già ricevuto 30 messaggi privati in risposta al mio post, più alcune richieste di contatto su Facebook…
È ok” mi dicevo. Istanbul in fondo è molto grande…
 
Il tempo passava e decisi che avrei continuato ad aspettare prima di scegliere dove alloggiare.

Nel giro di 2 settimane raggiunsi 300 messaggi di soli uomini, contando ancora Facebook ed in aggiunta Instagram.
Iniziai a pensare che quello che mi avevano detto in realtà fosse vero, facendo crescere ancora di più il mio timore dentro di me.
 
Non potevo lasciar perdere, avrei dovuto prendere un volo tre giorni più tardi per Stoccolma e non potevo cambiarlo. Dovevo continuare.
 
 
La fortuna volle che in Georgia incontrassi un ragazzo di Ankara che, tentando di rassicurarmi, iniziò a menzionare storie di ragazze, che usando quel sito in una città come Istanbul, hanno ricevuto davvero cattive esperienze fisiche dovute alla mentalità degli uomini del posto in cui la donna Europea è considerata decisamente molto “facile” rispetto alle donne turche.

Diciamo che il suo tentativo non fu così efficace.
 
Così, decise di offrirmi il suo aiuto e rimase ad Istanbul qualche giorno con me a casa di un suo vecchio amico d’università.

Lui si chiama Hüsame e per i prossimi 3 giorni sarà la nostra guida attraverso questa grande ed incompresa città.

A noi si unirà poi Riccardo, un ragazzo di Cagliari , che interpreterà la parte del compagno di grandi risate, e soprattutto quella della chiave per entrare con facilità attraverso la mentalità maschile di questa cultura.
La città a primo impatto ci ha accolto benissimo, il sole sembrava darci il benvenuto nella terra di mezzo tra Europa ed Asia …ed al centro, c’eravamo noi.
 
Sapevamo benissimo che tre giorni non sarebbero bastati per visitare quest’immensa città, eppure, scrivendo queste righe da un villaggetto sulle sponde di un lago svedese ormai ghiacciato, sento dentro di me che quelle 72h sono bastate per farmi cambiare completamente idea su una cultura che poco conoscevo.
 
Guardavo le donne per strada, alcune coprivano solamente i capelli ed il viso, altre tutto il corpo lasciando liberi solamente gli occhi…

Ero curiosa di sapere e ne chiesi così il motivo:
Il termine hijab sta per “rendere invisibile, celare allo sguardo, nascondere, coprire”.  Indica qualsiasi barriera di separazione posta davanti a un essere umano, o a un oggetto, per sottrarlo alla vista o isolarlo.

Il velo può significare protezione dagli sguardi altrui e può essere uno strumento forte di contestazione e resistenza nei confronti del maschi adulti. Ma può anche essere un simbolo di devozione, un atto spontaneo di amore per Dio, una tradizione che vuole essere portata avanti.

Alcune donne indossano l’hijab perché Dio le ha istruito ad indossarlo come mezzo per adempiere al Suo comandamento per la molestia.
Per esse, infatto, portare l’hijab è una scelta personale che viene fatta dopo la pubertà.
 
E mentre alcune donne musulmane non lo percepiscono come obbligatorio per la loro fede, altre portano il velo come mezzo per esprimere visibilmente la loro identità

Ovviamente la questione non può essere riassunta in due righe.
Bisogna andare più a fondo e fare ricerche più approfondite. 
Si tratta di un argomento molto complesso, che da sempre ha creato molto scalpore e conflitti da parte di movimenti femministi di tutto il mondo… ma riferendosi al singolo caso “protezione dagli sguardi” citato prima, la mia domanda nasce spontanea: “perché portare le donne ad utilizzare un velo di “protezione” invece di andare ad estirpare il problema alla radice ed educare coloro che in realtà causano questa tensione?!”

Cosa che mi fa collegare alla situazione che tutt’oggi tocca anche l’Italia…la situazione che porta le donne a non indossare vestiti o gonne considerate troppo “corte” poiché potrebbero generare l’automatica espressione “allora se l’è cercata“.
 
Ancora non soddisfatta, decisi di andare a visitare una Moschea, cui bellezza ricordo mi fece venire la pelle d’oca, e fui ancora più sorpresa nel vedere due differenti entrate per sesso e due differenti posti dove pregare in base ad esso.
 
Tra le strade, poi, ricordo di aver incontrato dei bellissimi occhi scuri e percepivo un senso di gelosia dalle stesse per la mia totale l’assenza di veli che coprivano il mio volto… gelosia per la mia libertà.
Non facciamo di tutta l’erba un fascio però!
Non tutte le donne usano l’Hijab, poichè Istanbul, come già detto in precedenza, è il perfetto connubio tra il mondo musulmano e altre svariate religioni, tenendo conto della sua posizione strategica e delle relazioni con il mondo Europeo.
Ho incrociato molti sguardi di uomini che, se devo essere sincera, a volte mi infastidivano parecchio… ma allo stesso tempo ho trovato gentilezza, ospitalità e nobiltà d’animo nei miei confronti… tante attenzioni che da tempo, oramai, avevo dimenticato cosa significassero.

Non è la mia voce da donna che scrive ora, ma la voce di una persona, che come tutte, a volte ha solo bisogno di piccole attenzioni in più.
 
Oserei dire che viaggiando con Riccardo non ho potuto fare a meno di visitare gli infiniti negozi di souvenir ed a ogni angolo sentiva l’esigenza di entrare, cercare il suo tè ottomano e le tazzine tipiche in cui esso va servito.
Non voleva farsi sfuggire nessuna potenziale conversazione con i venditori… soprattutto con Omer, un irrefrenabile viaggiatore di un’energia ed una mente tanto aperta che può solamente farti sentire vivo.

Il tutto fece partorire in me una domanda spontanea che non potevo sedare in nessun modo:
Come dovrebbe essere la tua donna ideale e cosa dovrebbe fare per essere considerata tale?”
 
Ci spiegava come la sua figura dovrebbe essere il suo unico faro per lei, senza amici che potrebbero mettere in difficoltà la loro relazione, e si chiedeva anche come essi potessero essere considerati “necessari” data già la sua presenza accanto a lei.

E forse, da questo punto di vista, non era poi cosi’ aperto mentalmente come pensavo…
 
Ho inghiottito tutto ed abbiamo continuato a visitare, arrivando ad Ortakoy, dove le luci della città, la moschea, il mercato, una cioccolata calda accanto al fiume e la vista del ponte accanto a noi, hanno creato il perfetto sfondo e sottofondo a dare vita ai nostri pensieri e trarre le nostre conclusioni.
La risposta è che non ci sono conclusioni.
Una cultura diversa che bisogna solo ascoltare e non cercare di “condannare” solo perché abituata a vedere un “6” al posto di un “9“.
 
 
La Turchia, come ogni viaggio, mi ha cambiata tanto…il mio modo di vedere e percepire le cose sono state roteate di 360 gradi.
Così come la mia voglia di scoprire le diverse sfumature del mondo, collezionarle per poi unirle, creando un bellissimo arcobaleno, così splendente che anche una persona daltonica possa riuscire a vederlo.
 
 
Un volo per Stoccolma divide la mia strada da quella di Riccardo, compagno dei miei ultimi due viaggi.
Dall’alto, non solo salutavo lui e tutte le splendide persone che avevo conosciuto ad Istanbul, ma anche un Paese che so visiterò ancora e questa volta non solo per 3 giorni…
 
Ed ancora, questa volta da sola… perché Istanbul, o la Turchia in generale, non è poi così pericolosa per una donna come qualsiasi altro posto nel mondo. 
Svetochka

Svetochka

Ed in quel buio, quasi per caso, trovai una piccola luce, ed in quella piccola luce il riflesso di me stessa.

Non so bene come sia nata l’idea di Svetochka di iniziare a scrivere e raccontare.
Quel che ricordo per certo è il fatto che stava sempre lontana dai giornali e dalla tv…sapeva quanto pericolosi fossero, sin da piccola!
Erano capaci di rattristirti o di farti provare odio e disprezzo nel giro di un solo minuto.

Lei aveva pensato bene di scappare via in cerca della verità e della semplicità che pian piano stava svanendo…ma scappare non è mai stata una vera soluzione, se non un infinito rimandare.

Decise così di raccontare quello che stava raccogliendo da quel viaggio: Culture, Tradizioni, Benessere, Consigli, Posti sconosciuti ma mozzafiato, Stili di vita, ma soprattutto racconta di Lei… della Natura, scritta con la enne maiuscola, perché è così che va fatto.

C’è sempre del verde nei suoi racconti, dove la parola magica è: semplicità.
Perché Svetochka lo sa, la verità risiede solo nelle cose semplici.

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