Fermi tutti signori e signore! Mettetevi comodi, ve ne prego, ed ora staccate la mente dai problemi e stress, dimenticate i mille impegni, gli esami o il lavoro arretrato… ve ne prego, per 2 minuti, solo due, potete ascoltare me?
Questa storia inizia così, con una gara. Sì, si giocava a quale delle gocce di pioggia sarebbe arrivata per prima alla fine di quello schermo sul mondo, ricordo che Semen con quella sua acuta voce scommetteva sulla più grande, mentre mi stringeva la mano sempre più forte.
Più andava giù, e più si aggrappava a me! Come se fosse lui a cadere. Miron invece non parlava… da quando sono arrivata in quell’asilo non ha mai detto più di tanto, se non “Da!” o “Miroon”… guardava meravigliato quelle piccole gocce, tanto piccole come le sue dita…staccava lo sguardo per pochi secondi, si voltava verso di me, aspettava un mio sorriso e ricominciava… sguardo fisso sul vetro.
Non so dirti su cosa scommettevo in quel momento, so solo che dovevo sbrigarmi perché l’inverno sarebbe arrivato molto presto e quelle gocce a poco a poco sarebbero diventate più forti. Forse non lo facevo affatto, forse decidevo semplicemente di seguire Miron. Infatti Semen vinceva sempre! Ma a lui andava bene così. Gli andava bene vincere finché ci fosse stata la mia mano a stringere la sua.
Poi, un giorno, l’inverno arrivò, quasi di colpo. Sempre fissi lì, dietro a quell’enorme vetro ma questa volta senza gareggiare. Miron aveva anche imparato una nuova parola “Sneg!” che significa neve.
Credo che quel giorno avessimo vinto tutti e tre.
Era ormai arrivato il primo sole, la neve lentamente iniziava a sciogliersi e per me, era arrivato il momento di tornare a casa…
Quella mattina non andai all’asilo. Quella mattina non sentii la voce di Miron urlare “Liussseeeeii” e non vidi Semen mostrarmi il solito peluche che portava ogni giorno sul retro della sua sedia dalle 4 ruote panoramiche ai suoi piedi.
Ma sapevo cosa stava succedendo. Sapevo che li avrei trovati a gareggiare di nuovo ma in attesa del terzo partecipante… Ed io, dietro a quell’oblo, aspettavo di scegliere la mia goccia, pur sapendo che avevo perso in partenza. Credo che quel giorno Miron abbia imparato un’altra nuova parola, “ulietit”; che significa volare via e non tornare più…
Svetochka – светочка
“Ed in quel buio, quasi per caso, trovai una piccola luce, ed in quella piccola luce il riflesso di me stesso.”
Svetochka, in un’altra melodia suonerebbe “piccola luce”, sono qui, sono io.
Il corpo di ventun'anni e la mente senza data di nascita o senza una data di fine. Cavalcando metafore e parole sospese, vi guiderò attraverso la mia mente ed i miei occhi, vi mostrerò racconti di persone che ho vissuto e di persone che non ho ancora ascoltato, così ché la parola “fine” non verrà mai pronunciata.
Folklore, nonne con mille caramelle nella borsa in un malridotto autobus con sfondo una vecchia fredda Russia, amori troppo brevi giurati in lingue differenti in scenari movimentati, bambini che corrono su castelli di neve ma con le gambe piantate su una sedia con quattro ruote panoramiche ai suoi piedi, albe respirate sulla cima di una montagna che pochi giorni prima si mostrava come un gigante senza tempo e, soprattutto, lucciole desiderose di illuminare la tua anima.
Svetochka, sono io, sono qui… e tu, bambino, vieni con me?!